
Anno dominii 1985, mese Ottobre, giorno 29.
In una località segreta dal nome di fantasia, Bagni a Ripoli, nasce dal regale ventre della Simonetta De Vito, la secondogenita Livietta De Guccierellis, nome poi più volte semplificato per noi popolani, dato l’irrimediabile susseguirsi di errori di ortografia e di interminabili disserzioni che hanno portato alla definitiva rimozione della i anche dagli stemmi della casata.
Dopo un’infanzia agiata tra castelli e tenute, decide di affacciarsi sulla costa maremmana in un martedi mattina in cui i cavalli erano troppo stanchi per proseguire la marcia ed è lì che entrò in contatto con il suo futuro.
Una tribù villica occupava la spiaggia che il cocchiere aveva pensato fosse all’altezza dei Guccerelli, proprio li dove a Castiglione della Pescaia spunta il Capezzòlo, due universi entrarono in contatto e per la povera Livietta nulla fu lo stesso.
Affascinata dall’ignoto, curiosa verso ogni forma di diverso si avvicinò al ragazzo muto con gli occhi blu e pensò che qualcosa avevano in comune.
Una strana alchimia, una sintonia di anime che li mise subito sulla stessa frequenza, quella del “se ci sei tu, a me va bene tutto”.
Poco più in là, la cugina di occhi blu, miss riccioli d’oro, la scrutava pronta a sbranarla, diffidente per natura, diventava ancor più territoriale quando vedeva minacciati i suoi affetti, quando gocce d’amore potevano andare perdute.
Così non fu.
Fu un bagno d’amore.
Un innamoramento lento e crescente, costante nelle estati e negli inverni che fece si che la Livietta con il coraggio che le è sempre appartenuto, decidesse senza paura di seguire il suo cuore e partire, viaggiare e capire cosa le mancava, cosa valesse la pena inseguire.
La narrazione purtroppo si interrompe qui, perché non riesco a concentrarmi dato che invii un messaggio vocale ogni 10 secondi a mia moglie, tra venti minuti passi a casa e non ti si può mai fare una sorpresa perché stai sempre in mezzzooooooooo.
Ed è così almeno negli ultimi 10 anni.
Da che ho memoria. Tu ci sei sempre. La tua infanzia è inventata, perché penso sempre che sei stata a scuola con uno di noi, che in realtà le tue amiche fiorentine sono le amiche dell’erasmus o del mare, mentre con noi hai fatto i 100 giorni e hai dato il primo bacio.
Nulla di più falso, ma così è se mi pare.
Il mio problema di distorcere i ricordi mi permette di averne di preziosissimi e unici e le persone che ne fanno parte diventano intoccabili.
E tu sei intoccabile.
Volevo mettere una storia sull’instagram e mi sono reso conto che non sapevo quale foto scegliere, un po’ perché mi mandi a fanculo nella gran parte,un po’ perché abbiamo molti scatti indecentemente sbronzi e poi perché non saprei da dove partire…tu ci sei sempre stata, dai weekend a macciano alle scorribande sulle piste, dall’attesa per la mia specializzazione a matrimoni, battesimi, sciagure varie, abbiamo sempre condiviso tutto.
E allora ti spiego una cosa:
Sono contento che hai scelto di rimanere qui, che hai scelto Roma, che hai scelto questa vita, che hai scelto Tom e che lo hai aspettato. Sono contento perché per me rappresenti sempre un sospiro di sollievo, perché la tua follia ti rende un appiglio granitico nei momenti più difficili e una spalla necessaria quando il sole splende. Sono contento perché ZXena avrà una mamma cazzutissima che non aspettava altro dalla vita e che continuando di giorno in giorno a contrarre infezioni sconosciute le regalerà una vita di sicurezza e immunità.
Potrei scrivere pagine e pagine di racconti sul tuo orecchio da salotto, di come ti ha permesso di affrontare un’ennesima sfida ed uscirne ancora più forte o di come fai finta di ascoltare conversazioni che non ti interessano. Ho ormai capito che se non vedo la luce on negli occhi acquamarina, non mi stai ascoltando, anche se mi rispondi.
Per cui insieme agli auguri che nel tuo caso sono un traguardo assistenziale, voglio farti un po’ di regali che ti sei meritata.
Ti regalo la mia voglia di vederti e aspettarti sempre e comunque.
Ti regalo la segretezza dei miei pensieri più orribili.
Ti regalo molte migliaia di altri brindisi insieme.
Ti regalo uno zio da cui parcheggiare la principessa guerriera.
Ti regalo quello che sono sempre stato,
qualcuno con cui spartire quelle sedie all’angolo imboscate vicino al vino durante le cene di natale.
Alla fine come dico sempre alla tua socia durante queste settimane di gravidanza e pandemia, abbiamo molto di più tra le mani di quello che pensiamo.
Non tiriamo le somme troppo presto, godiamoci sto viaggio assurdo e benedetta sia quella carrozza che ha deragliato, che ha permesso grazie al tuo coraggio e alla tua curiosità che questo incastro, divenisse la realtà che scegliamo.
Per il resto la realtà è una sola:
sei una disoccupata mezzosorda gravida.
E io ti voglio bene per questo.