Punkarre Entertainment Zoo II

Rough stories in Garden city : Buonasera sig.ra Lonzi sono Alice,la bambina del III piano.

Una bocca perfetta apostrofata da un’unica fossetta. Che fossi unica,Cara Alice, era un dato di fatto, ma che fossi fuori dall’ordinario, forse, avrei dovuto capirlo da lì. Forse anche dai tuoi piedi tozzi da hobbit che hanno preso il posto di quelle candide morositas che avevi nei tuoi primi mesi di vita, e che ,ora, ti permettono già a 9 mesi di stare in piedi da sola a scrutare l’universo dall’alto dei tuoi 69 centimetri.

Si cara mia.Un giorno sarai alta bella giovane e figa,indosserai legghins e tacchi e mi guarderai come fossi un povero vecchio rincoglionito,dimentica della tua attuale ridicola condizione di larva,così mi premurerò di ricordarti un numero a 4 cifre corrispondente alle volte in cui ti ho pulito quel culetto benedetto, un soffice pan di spagna sempre pieno di orribili farce,o del numero di volte in cui ti ho addormentato cantandoti classici della canzone italiana rivisitati all’occorrenza con la partecipazione della madonna e di padre Pio.Forse però dovrei ricordarti che ogni notte, al tuo primo mugolio,c’era proprio questo vecchio a prenderti tra le braccia e a portarti nel letto dove tua madre, cristallizzata nel piumone, si sarebbe accorta solo con il sorgere del sole di essersi appisolata su ciò che con sgomento non le risulterà uno dei cuscini di dotazione.Forse ti dovrei ricordare delle migliaia di euro spesi in salviettine,pannolini e omogeneizzati biologici e della natura malsana del rapporto di tua madre con la tessera vip di prenatal.

Forse ti dovrei ricordare di tutti i balletti idioti che ti ho fatto per strapparti una risata,delle migliaia di storie di maiali,asinelli,ranocchi e pesciolini che mi sono dovuto sorbire,perchè sai tu per digerire avevi bisogno di un rapido ricapitolo di tutte le storie contenute in tutti i tuoi libri,e ,solo allora,decidevi che era il caso di acquietarti soddisfatta tra le setose lenzuola della tua balenottera rosa sacco nanna. Perchè si, cara la mia polpetta,sei stata alta 69 cm e hai dormito in una balenottera rosa.

Però,se davvero ti educherò come credo tu ti volterai verso di me e mi sorriderai.E allora rivedrò quella singola fossetta.E allora,mi ricorderò tutto.

Mi ricorderò che mi hai fatto vivere il periodo più intenso della mia vita,che mi hai fatto morire di paura e mi hai fatto sentire amato come nessun altro.Mi hai reso insicuro e mi hai reso un corazziere. Mi hai fatto disperare dalla stanchezza cambiando per sempre il mio modo di dormire.E mi ricorderò che non c’è stato un giorno della tua vita senza un sorriso per me,che mi tendevi costantemente le braccia verso il collo per la necessità di ricominciare a stare insieme. Mi ricorderò di tutti i giochi assurdi che ci siamo inventati e della pura felicità nel vederti far parte della mia vita.

Ti scrivo a pochi giorni dal tuo decimo mese di vita. Oggi siamo stati insieme solo tre ore,meglio dei 15 minuti di ieri e dei 3 del giorno prima,ma comunque non ci siamo persi d’animo e abbiamo letto una 50ina di libri,mi hai fatto vedere che tuo zio valerio ti ha insegnato a fare le bolle,poi un pò di solletico,una shakerata ai lego e un calcione nel culo a qualche peluche prima di recuperare una preziosissima scatola serratura, più che sufficiente a mio parere come futura baby sitter, con cui hai passato l’intero pomeriggio.Il tempo della solita telefonata alla 95enne del piano di sotto dal tuo brillante telefono in plastica rosso fuoco prima di tirarmelo in faccia,come ogni volta, perchè non si sente un cazzo di nessuno dall’altro lato.Per rimediare ti ho lanciato nella tua preziosa vasca,impazzendo con il soffione della doccia a mo’ di geyser islandese, regalando al tuo gommosetto di Titti del gatto silvestro, un bagno memorabile,mentre sorseggiavi la tua tazzina di caffè piena d’acqua con le chiappe a mollo,compiaciuta dell’avermi insegnato che tu,come sceicchi e regine, bevi solo se sei nuda in una vasca piena di paperelle e sali da bagno Mustela.

Poi ti ho asciugato e pettinato,alternando una spazzolata mia ai tuoi primi ricci biondi,ad una spazzolata tua,ai miei ultimi e compianti,lisci capelli castani.Ti ho messo il tuo pigiama rosa e ti ho inserito sul seggiolone del bancone,dove hai deciso di stupirmi intonando ogni singolo richiamo d’amore delle scimmie nane delle foreste’indonesiane. A tanto splendore di armonie ho tentato di rispondere avvicinando più volte infruttuosamente uno strumento in caucciù e lattice con un panda disegnato sopra a tappare ogni tua velleità artistica. Ma nulla,sei talmente bella che già mi hai in pugno e così mentre il tuo adorato merluzzo si rende poltiglia tra una bolla d’acqua e l’altra, io ti dono una galletta di riso divenendo definitivamente il tuo eroe. Concentrata e rasserenata,hai emesso di nuovo quella strana radiofrequenza che dovrebbe corrispondere al nostro SHHHH,nei confronti di Nana che abbaiava ai soliti fantasmi.Hai mangiato tutto,vorace come la scrofetta con la coda a ricciolino dei tuoi libri. Tuo padre si è ricordato di dedicarsi premurosamente a scollarti gli anellini di pasta da dietro l’orecchio o dai turbinati. Poi un altr trentina di altre storie e poi giù in pigiama a portare nana a spasso per la pipì serale,perplessa come le scatole di pisellini findus sui bernoccoli dei bambini. Su su ora a letto,un veloce riepilogo di Mowgli,un saluto ai vicini che non possono permettersi le tende,al tuo cane Nana,ad orsi,alpaca,scimmiette varie e via nel letto,dove alzi il pugno,abbozzi un “hasta la victoria..siem…”e ti schianti con tutta la faccia sul paracolpi del tuo lettino,riprendendo quella posizione fetale che ti accorcia a 43 cm,rendendoti a tutti gli effetti un animale domestico.

Il secondo di casa per giunta.

Mentre scrivo,ogni tanto,lanci dei guaiti,ora distinguo le parole “Venceremos adelante o victoria o muerte” alternato a “io sto col Libbbaneseeee”,ma nemmeno i due secondi necessari a percorrere i 3 metri che ci separano,sono sufficienti per ritrovarti sveglia,ma anzi per assistere alla grottesca scena di ricomporre i tuoi resti infranti rovinosamente contro le barre del lettino.

Grazie amor,mandami pure a cagare,tanto con tutta probabilità sarò proprio quel vecchio rincoglionito che crederai, e forse mi sarò dimenticato che mi hai fatto annusare moltissimi fiori in questi giorni, che ho scoperto con te, altri milioni di combinazioni possibili con le quali sei in grado di lanciarti dal fasciatoio, che vuoi assaggiare un pò tutto, che hai assaggiato i broccoli 33 anni prima di tuo padre, che non hai paura dell’acqua e che la prima parola che hai detto e che ora,dici ogni mattina, è il nome dell’essere che ti odia più al mondo,il tuo defraudato e solissimo e denutritissimo e abbandonatissimo cane.

Ora,dopo essermi complimentato con amici e parenti per il tuo nome in graduatoria per un posto in asilo,incurante che questo dovesse chiaramente riportare l’attenzione sui nostri miseri redditi,so che è per te che diventerò un uomo migliore. E’ per te che sono entrato in un CAF.E’ per te che sarei in grado di parlare ad un estraneo, è per te che potrei fare la fila alle poste.

Non lo so Alice, hai cambiato tutto.E tuo padre,che già non era un fulmine, ora vaga per la città aprendo e chiudendo pance in attesa di volare a casa sapendoti sveglia dietro quella dannata porta.

Sta tutto nell’invincibilità che ti leggo in faccia quando ti volti a guardarmi appesa nello zaino tracolla con il quale rondiamo per il quartiere alla ricerca di vecchiette,gattini e fiurellini.Sta tutto nella potenza ribelle di una passeggiata io e te,da soli.

Sta tutto in quella dannata fossetta.

Come possono 69 centimetri diventare tanto importanti?

Come possono aniselli dislessici,pulci fameliche e maiali innamorati nel fango farsi spazio in decenni di cultura musicale alternativa?

Come può una specie di furetto impazzito catalizzare il senso di tutto?

Non so come.Ma è così.

 

Questa voce è stata pubblicata il 25/05/2018 alle 21:51 ed è archiviata in Uncategorized. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Segui tutti i commenti qui con il feed RSS di questo articolo.

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