Si aprono le porte del terminal 3 di Fiumicino, una folla enorme ferma con le sue valige alza gli occhi al cielo come in attesa dei fuochi di capodanno, in silenzio, contemplano un enorme tabellone luminoso su cui brilla la scritta Departures. Come fantasmi vengono attraversati da un’altra folla di persone che sa già quello che cerca , chi i suoi parenti, chi un ristorante, chi gli ultimi acquisti prima di partire, chi il suo check in e chi vaga curioso tra stranieri sconosciuti.
Io sono lì in mezzo, con due bagagli giganti e due zaini, due passaporti in mano e già sono felice. Gli aeroporti per me sono un posto magico e sicuro. Sono passati due minuti e Federica è andata in bagno, stiamo per partire per la nostra luna di miele un anno dopo e io ho già paura che sia salita sul trenino pronta per rientrare entro il raccordo.
Ma stavolta no, torna da me. Capire la sua paura di volare è stato il mio più estremo gesto d’amore. Il suo è stato affrontarla per me.
So che è preoccupata, che ha paura e non ho idea di come aiutarla. Nella sua testa una battaglia tra titani è in corso e non so chi l’avrà vinta.
Superiamo Check in e controlli e le faccio eseguire il rito propiziatorio di Cecco, ci si reca ad un Duty free si cerca la crema più costosa che hanno e si prende un bel campione per ringiovanire all’istante, una specie di piccolo dispetto al Dio degli aeroporti. Arriva il nostro amico Paolo, che lavora in alitalia, sa tutto, per cui ci coccola e ci rincoglionisce di parole riducendo a pura normalità quella lunga attesa.
Le do 1 grammo di tavor per tranquillizzarla. Siamo in aereo, non si torna indietro. Prendermi cura di lei è sempre stata una mia priorità e pensarla in difficoltà mi uccideva. Ma stavolta no, lei è li con me. Prende le sue cuffie, l’ipad e si comincia a guardare un film, ordino patatine e limonata allo zenzero, a metà del viaggio si gira verso di me, sposta le cuffie e mi dice: “E’ il viaggio più bello della mia vita.”
Ora io non so come si comportano gli altri uomini. Ma io piango un botto. E vederla serena, tranquilla, drogata e curiosa di ciò che ci aspettava è stato uno dei momenti più belli che mi abbia mai regalato.
GIORNO 1 – OSLO:
A Oslo Gardemoen abbiamo noleggiato la piccola e fedele Opel Mokka 4×4 e siamo corsi giù in città. Corsi è un parolone. Quello che non scrivono nelle guide della norvegia è che i limiti di velocità sono ridicoli e la maggior parte delle strade sono ad una corsia. Un’incubo per un road trip come il nostro. Arriviamo a casa dopo aver mandato più volte a fanculo il mio caro amico Filippo che pensando di farmi un favore mi aveva prestato il suo navigatore tom tom. Ebbene, non c’era un itinerario che coincidesse, aveva le strade del 98 all’interno e soprattutto Oslo è in piena riorganizzazione planimetrica. Ma è fantastica. 600,000 abitanti che si godono una meraviglia di città che si affaccia sull’Oslofjord, davanti a mille isolotti pieni di musei e bar. Ci godiamo il museo di arte contemporanea, il nuovo quartiere Anker Brygge che è un capolavoro di architettura futuristica su quello che era il vecchio porto, l’Opera house , il Nobel centre e poi torniamo in macchina, l’avventura ci attende.
GIORNO 2 & 3 – STAVANGER e PREIKESTOLEN
Dopo 7 ore di viaggio meraviglioso a 70 all’ora in cui attraversiamo la regione dei laghi, ci inerpichiamo nel parco dell’ Handargevidda, soli sulla strada, la natura ci prende più volte a schiaffi, ci fa capire chi è il padrone di queste terre. Comincia quello che sarà una costante della vacanza, l’incredulo stupore. Arriviamo a Stavanger alle 21 e cominciamo a capire che gli orari norvegesi sono completamente diversi dai nostri,è tutto chiuso, deserto e comincia a piovere. Sembra che il turismo non sia una parola troppo in voga a queste latitudini. Ma non ci interessa, domani andiamo al Preikestolen, uno dei motivi che mi hanno spinto ad accettare la proposta di Fede di partire per la Norvegia.
Non sembra possibile,data la pioggia incessante nella notte,ma al nostro risveglio il sole brilla alto in cielo, indossiamo per la prima volta i nostri scarponi Quechua da trekking (che mai più toglieremo) e via. Navighiamo verso Tau e lì un pulman ci porta alla base del preikestolen. Da qui comincia una giornata pazzesca. 3 ore di salita attraverso foreste, cascate, laghi, altopiani, 3 ore di silenzio e di natura prorompente, Fede non sente la fatica e anzi quando si volta per vedere quanto ha appena percorso finisce per ricaricarsi e lasciarmi indietro. Lo spettacolo dalla vetta è impagabile, il Lisenfjord è uno spettacolo assoluto e vederlo con il sole senza le orde di turisti è stata una vera benedizione.MERAVIJA.
La discesa dura altre 3 ore ed è molto più faticosa. Torniamo in città e abbiamo il tempo di girarla un pò, un piccolo gioiello di case di legno colorate e li troviamo il Fisketorget, piccolo ristorantino interamente a vetri sul porto. Fishsoup, Catch of the day e Salmone. Cena deliziosa al prezzo di sole 1000 Cr. Per il cibo hanno prezzi completamente folli.
GIORNO 4 – BERGEN
Di nuovo con Mokka prendiamo l’Atlantic road, una strada meravigliosa che attraversa tutta la costa norvegese, saltando da un ‘isola all’altra e interrompendosi per essere sostituita da efficientissimi traghetti solo quando le distanze sono proibitive.Sapevamo che Thor era stato generoso e ci aveva regalato dei ricordi incredibili, quindi ci rendemmo conto che un pò di maltempo sarebbe stato il giusto prezzo da pagare. Un pò di maltempo. Non ci aspettavamo di conoscere Bergen sotto la tempesta perfetta. Sotto il tetto spiovente della nostra mansarda di legno di Sveinung sentivamo la pioggia e il vento travolgere la città. Facemmo anche un tentativo di esplorazione con ombrelli e vestiti impermeabili, ma nulla, anche il nostro nuovo amico, l’ombrello Susino si spezzò più volte per poi chiederci di andarci a riscaldare con una doccia calda e un buon thè. Il dubbio ci assalì, e se piovesse per 15 giorni? se questo è il sud pensa il nord cosa può esserci..abbiamo scelto male il periodo? Ma Thor è stato con noi tutta la vacanza e nei momenti di maggior sconforto ci ha fatto capire che la terra dei vichinghi ci aspettava a braccia aperte. E così al mattino tornò il sole, Bergen è stupenda, Bryggen il quartiere degli artisti è una chicca, poi giù al Kode dove Johan C Dahl , Munch e una barca di pittorisen norvegesi romantici ci hanno riscaldato con i loro paesaggi, le loro lune coperte dalle nuvole, i fiordi e con scene di vita, così pure, così norvegesi. Poi via a quella che era un’altra tappa obbligata, il fiske TORGET, il mercato del pesce. Il mio paradiso. decine di vasche piene di crostacei vivi pronte per diventare pranzo. Lì ho goduto di quello che vorrei fosse il mio ultimo pasto prima di morire. Aragosta, scampi, King Crab, ostriche e zuppa di cozze.Un piatto da 80€. Io e Federica che mangiamo al mercato del pesce di Bergen una montagna di crostacei. MERAVIJA.
GIORNO 5 – FLAM
Torniamo in macchina e ricomincia la pioggia, ma chi se ne frega, Mokka vola, sempre a 80 all’ora sui tornanti norvegesi e arriviamo in 4 ore a Flam. Minuscolo villaggio alla fine dell’Aurlandfjord, famoso per la sua deliziosa ferrovia più ripida del mondo. Il villaggio comprende la stazione un albergo, un supermercato e qualche ristorante. Peccato che si sia venduto l’anima al diavolo. 2 navi da crociera al giorno attraccano nel porticciolo coprendo ogni visuale e scaricando orde barbare di turisti. Per il resto la ferrovia è un incanto, in un ora porta a Myrdal,tra vallate immense foreste e cascate. paesaggi da perdere il fiato.
GIORNO 6 – G EIRANGER
Diluvia diluvia e diluvia. il ticchettio della pioggia sul tetto dell’auto che amo da sempre diventa la mia unica ossessione. Ogni galleria tiro un sospiro di sollievo, rifiato e ci godiamo il senzio. Il geirangerfjord è stretto con montagne incombenti sull’acqua e da un effetto di vera imponenza sulle navi che lo attraversano. Comincio a sentirmi piccolo. Un pò come di fronte al banchetto dell’Union hotel a colazione. Montagne e montagne di cibo, pancakes waffle, succhi, cereali, muffin meraviglioso. Ma inutile rimanere in un fiordo sotto il diluvio meglio scappare via.
7 ° GIORNO – ALESUND
Arriviamo ad Alesund a pranzo, il viaggio stavolta ci ha regalato decine di arcobaleni che segnavano irruenti il passaggio della luce ultravioletta attraverso il vapore acqueo rimasto in sospensione dopo il temporale, una meraviglia alla quale i norvegesi sono fin troppo abituati, guardando con tenerezza il nostro entusiasmo nel fotografarli. Fanculo, aridi. Gli arcobaleni spaccano. Pranziamo all’Invit , spero si scriva cosi, un locale delizioso con una sala da pranzo sul mare e una zona esterna che d’estate sarà sicuramente presa d’assalto, qui abbiamo mangiato la migliore Fishsoup e il miglior Salmone teriyaki della vacanza.Usciti da lì, Thor ci fece l’occhiolino, capimmo che dovevamo cogliere l’occasione al volo, salimmo in auto e volammo ad Aksla, la montagna che domina la città. Solo noi tanto per cambiare. Arcobaleni ovunque tra le isole che accompagnano la nostra dolce Alesund che come per magia si distende su una sottile lingua di terra in mezzo al mare. MERAVIJA.
Abbiamo dormito nello storico Brosundet Hotel, uno degli edifici storici, ricostruito dopo l’incendio che ha distrutto tutta la città, in stile art nouveau. Qui spero proprio di aver concepito nostro figlio. Andammo a cena da Maki, il ristorante dell’albergo e fu lì che in mezzo alla solita serie di minchiate che ti stavo raccontando,Thor mi diede uno schiaffo sulla nuca, alzai lo sguardo e impallidii. Tormund, l’eroe bruto del nostro caro Trono di Spade era venuto a mangiare nel nostro albergo, a quell’ora, in quella città , quella sera, proprio mentre noi stavamo visitando Alesund. Incredibile. Tormund sei bellissimo cazzo.
GIORNO 8 – Mo i Rana
Un road trip prevede di stare in macchina e di starci spesso. Questa giornata è stata infinita. 12 ore di guida ininterrotta sulla E6 una strada meravigliosa che dalla norvegia continentale si allunga a nord attraversa il circolo polare per poi arrivare a tromso,alta e kirkenes. Sotto il diluvio e gli arcobaleni, sui tornanti e nelle praterie toscane, nella steppa e in mezzo ai laghi, bagnati dalle cascate e oscurati dalle cascate,tutto abbiamo visto in questi 800 km. Persino un alce. La mattina dopo arrivammo a Bodo per imbarcarci per le Lofoten. Ma prima passammo il circolo polare, io e te amore mio, felici e infreddoliti, nel nulla cosmico, dopo centinaia di km di solitudine, a sentirci piccoli e inutili a goderci la mia idea di avventura. Grazie di essere arrivata quassù per me.MERAVIJA.
GIORNO 9 e 10 – REINE i Lofoten, A, Henningsvær, Nusfjord e SVOLVEAR
4 ore di navigazione da Bodo e ci trovammo di fronte alle isole di Jurassic Park, altissime montagne formate da isole vulcaniche a strapiombo su un mare cristallino oltre il circolo polare sembrano un oasi nel deserto. Non sembrano vere. Anche una volta a terra sembra di essere su un altro pianeta, troppo puro, selvaggio e incontaminato per essere lo stesso in cui vivi tu. Affittammo un Rorbuer, una casa in legno su palafitta, quelle usate dai pescatori locali, un delizioso cottage tutto per noi.
Anche qui Thor dopo averci inzuppati per bene tutta la notte ci sveglia con il sole che trionfa e ci dice di correre fuori, bere il solito merdoso caffè delle macchinette a 3 € e volare via tra i piccoli villaggi e così co Mokka bella carica e Susino seduto asciutto sul sedile posteriore attraversiamo questi piccoli borghi di pescatori, A, Nusfjord, le spiagge bianche di Ramberg fino a pranzare a Henningsvaer, la deliziosa venezia delle Lofoten.
Sicuramente meritano un altro viaggio, magari in estate piena, escursioni in barca e più relax e tempo di quello che avevamo a disposizione. In serata arrivammo a Svolvear la città più abitata, dove per un colpo di culo sempre dettato da Thor ci regalano una mega suite panoramica al posto di quella prenotata. “Tonight ‘d be cold, the sky is blue…and then you could probably see the AURORA BOREALIS” il concierge dell’albergo mi aveva provaocato senza saperlo prima la pelle d’oca e poi un erezione. Smisi di pensare alle balene che avevano preso il posto degli alci,che avevano preso il posto dei granchi reali, cominciai a pensare solo all’aurora. La suite era commovente, un panorama da brividi, il sole pieno, non ci sembrava vero. Anche qui spero di aver concepito nostro figlio.
Durante la cena vidi attraverso i vetri alcuni turisti fissare il cielo, scappai fuori al gelo in maglietta, ma niente l’aurora era visibile come una lieve ombra verdastra in cielo. Studiai su internet venti solari e tutte le cause e probabilità che avrei avuto di vederla come si deve. Decisi di proporre a Fede un appostamento al buio nella notte fuori città ma dopo 30 minuti sottozero rinunciammo. Ero demoralizzato e incazzato. La volevo vedere a tutti i costi. Così mi misi in terrazzo in albergo con il piumone e aspettai un altra ora ma nulla. Alle 4 di mattina mi svegliai agitato, uscii dal letto e riprovai e lei era lì, stavolta verde e luminosa, ma piccola e lontana sull’orizzonte.Svegliai Fede. Ma niente non ci fu l’emozione che speravo.
GIORNO 10 – SENJA
Il giorno dopo avevamo altre 5 ore d’auto prima di raggiungere la piccola isola dei Troll di Senja, un paradiso abbandonato all’isolamento completo. Di quelle 5 ore 3 le passammo nel terrore di finire la benzina, su strade deserte e congelate, senza segnale nel cellulare, senza cibo ne acqua, poi incotrammo un meccanico che ci illuminò…Petrol station 3 km Lingosund…mai parole più dolci ci raggiunsero. Senja ci accolse con i suoi troll sotto la pioggia e la desolazione del mare del nord, l’oceano atlantico infinito davanti agli occhi e una cena prenotata 14 giorni prima che fu una vera cagata. Tornammo morti in camera e mentre guardavamo Orange is the new black su Netflix il cielo divenne verde e io impazzii.Scappai fuori e il fuoco di Thor inondava in cielo, tutte le sfumature del verde e del giallo ballavano sopra le nostre teste da est ad ovest, come magiche fiamme indomabili che si erano accese solo per noi. Fede urlava di gioia. Io piangevo direttamente. Scesi sul porticciolo per fotografarla e rimasi ore al gelo senza aver alcun freddo. Ero dannatamente felice.Grazie Thor. MERAVIJA.
DAY 11 – TROMSO & SVALBARD
La capitale del nord è il punto di partenza per tutte le spedizioni artiche e quindi anche per la nostra.Non so in che modo, ma tu hai preso un altro aereo e mi hai seguito in uno di quei viaggi che poche persone desiderano fare. Andare in una fredda landa desolata infestata da orsi polari non è la luna di miele che mi sarei mai aspettato, ma è quella che sono fiero di aver avuto. Lì nel nulla delle isole Svalbard ho avuto la sensazione di non aver bisogno di nient altro. Appagamento totale. Natura dirompente e te. E’ la mia formula perfetta.Dormimmo 4 notti alle Svalbard nella ridente Longyearbyen, avamposto e paradiso per geologi e archeologi.Il primo giorno Oula la nostra guida finlandese ci portò con il fedele pastore groenlandese Nico a fare un trekking sul plateau vicino la città. tempo di merda, 40 km/h di vento gelido e tu eri li con me a camminare in una zona deserta in mezzo a terreni dissestati cascate, fossili antichi,nessuno avanti e nessuno dietro per km se non la paura estremamente reale di incontrare un orso bianco. Finita la salita, smise di piovere, altopiano roccioso cedeva alla crescita del muschio e li con lui, tra le nuvole che si aprivano, tre magnifiche renne brucavano beate. Io ero lì, su un altopiano al polo nord con te,Federica tribbi da via picco dei tre signori, Nico il pastore, Oula armato e le renne. Niente orsi nei dintorni. Di nuovo, roba da piangere. Tu all’improvviso hai anche smesso di insultarmi, hai smesso di pensare che le altre persone vanno in spiaggia in luna di miele.Tu eri li con me e ti sei goduta un panorama unico. MERAVIJA.
Il secondo giorno eravamo esausti, ci svegliammo tardi e io feci una delle mie solite colazioni epocali. Non avevamo quasi più soldi, il road trip ci aveva prosciugato, non potemmo fare escursioni se non a passeggio nei dintorni, andammo al Museo delle Svalbard all’università, dove prima assistemmo ad una meravigliosa lezione in norvegese sul ritrovamento dei resti di un mercante del 16 secolo nei dintorni e poco dopo ci ritrovammo a 2 cm da lui, nel laboratorio di archeologia a vedere questi ricercatori che toglievano terra sabbia e resti dalle ossa. Avete mai visto un piercing su dei resti umani. Pazzesco. Il terzo giorno ci imbarcammo presto su un peschereccio strapieno di turisti, alla conquista dei mari. Ora la parola balena aveva preso il posto di aurora,dopo renna, alce, granchi.Avevo un solo scopo vedere le balene.Tempo di merda e visibilità scarsa, sembra il seguito del signore degli anelli. Fa freddo su quel ponte, ma non demordo,resterò qui a vegliare. Oh guarda accendono il fuoco..carini..oh guarda grigliano carne che sarà mai..manzo?? WHALE, SALMON, PORKRIBS..niente prima di vederla me la sono mangiata, povera balena. Ma qui come in Africa le estreme condizioni comportano scelte estreme,quindi amen. Ed è proprio mentre io sono li a strafogarmi con la testa nel piatto che Fede avvista la balena uscire fuori con la testa dall’acqua..fanculo me la sono persa.Sei un ingordo bastardo mi ripeto.Ma lei è li davanti a noi e nuota in quelle acque gelide, e torna su con le sue pinne ogni 2 minuti. Bellissimo.Il cibo è ghiacciato ora,ma bellissimo.Da lì a poco arriviamo a ridosso del ghiacciaio Nordsjoldtoppen o una cosa così..una gigantesca distesa di ghiaccio perenne che si affaccia sui mari artici,le sfumaure di blu e gli iceberg di fronte sono stati un altro attimo da godersi in pieno. MERAVIJA.
E’ stata un’avventura memorabile. La prima nel mondo con te.
Non vedo l’ora di abbracciarti di nuovo dopo aver raggiunto qualcosa che abbiamo tanto sognato.
PS Con il simbolo MERAVIJA vengono indicati quei momenti appartenenti di diritto alla Meravijosa vita del Rafiki.